Informazioni

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Costi e parcella deducibile/rimborsabile

Chiedete fin dall’inizio (eventualmente già durante il primo contatto telefonico) quanto costa la consulenza o la terapia. Le assicurazioni complementari coprono una parte dei costi per psicoterapie fornite da psicoterapeuti liberi professionisti.  L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla detrazione delle spese per psicologo e psicoterapeuta nel 730, nel modello Redditi (ex Unico) e in generale nella dichiarazione dei redditi. E’ stata ribadita la detraibilità delle spese sostenute per le prestazioni rese da psicologi e psicoterapeuti per finalità terapeutiche. Secondo l’Agenzia delle Entrate, le spese per lo psicologo e lo psicoterapeuta rientrano tra le spese sanitarie detraibili del quadro E del 730, e quindi tra le spese per le quali spetta la detrazione d’imposta del 19%. La detrazione spetta anche se la prestazione è effettuata senza prescrizione medica. È fatto salvo che per legge i professionisti emettano fattura sanitaria a fronte di pagamento ricevuto. Accade che chi non abbia titolo ad esercitare non emette fattura, per cui l’emissione di fattura regolare è anche garanzia, oltre che di correttezza come cittadino, di titolarità all’esercizio della professione e, non di meno, di rispetto della deontologia.

Norme inerenti alla professione Psicologica

In data 3 luglio 2004, il Consiglio Nazionale ha approvato all’unanimità il seguente documento:

  • Il Professionalismo
    La professione di psicologo è una professione intellettuale regolamentata. L’Ordine Professionale su delega dello Stato svolge una funzione di autogoverno finalizzata alla tutela dei diritti del cittadino utente/cliente. La deontologia costituisce pertanto parte fondante ed integrante dell’identità e della mission professionale. Si ribadisce quindi il primato della responsabilità etica professionale nel rapporto domanda-offerta anche in un contesto di libero mercato.
  • Formazione di base e sistema autorizzatorio
    La formazione universitaria, il titolo accademico, il tirocinio professionalizzante e il superamento dell’Esame di Stato sono prerequisiti per l’esercizio della professione di Psicologo. L’Ordine dovrà promuovere azioni di valutazione e di monitoraggio dei fabbisogni formativi e degli sbocchi professionali finalizzate alla programmazione degli accessi alla formazione di base, specialistica ed avanzata.
  • Accreditamento delle competenze professionali e Società Scientifiche
    Le competenze professionali di base e specialistiche vengono acquisite attraverso il sistema autorizzatorio sopra descritto. Lo sviluppo di un modello di buona pratica professionale, che sostanziano uno standard di prestazione professionale di qualità, passa oggi attraverso la elaborazione di Linee Guida validate dall’Ordine. In prospettiva l’Ordine Professionale dovrà favorire la definizione di un sistema di regole per il riconoscimento delle Società Scientifiche a cui potranno essere affidate le funzioni di individuazione degli standard di accreditamento – non obbligatorio – delle buone prassi professionali e dell’eccellenza nei diversi settori.
  • Psicologia clinica e psicoterapia
    La Psicoterapia è attività professionale riservata a psicologi e medici. Per gli Psicologi è legata al possesso di specializzazioni quadriennali post-laurea specialistica afferenti alle Facoltà di Psicologia o a Corsi di specializzazione privati riconosciuti dal MIUR.

Quanto può durare la Psicoterapia

Non è corretto assimilare la psicoterapia ad altre forme di terapie mediche proprio perché gli oggetti d’interesse di essa sono molto diversi: gli eventi mentali, le relazioni, gli affetti, i pensieri, le storie personali e familiari; ed anche perché i processi di cura seguono in genere i tempi interni dell’individuo, sono dunque tempi difficilmente prevedibili a priori. La durata della psicoterapia, oltre che dai tempi interni della persona e dalla sua situazione di partenza, dipende inoltre dagli obiettivi che vengono posti insieme tra terapeuta e paziente. In genere, dopo un’approfondita serie di incontri iniziali di conoscenza e valutazione, è possibile che lo psicoterapeuta sia in grado di indicare, a grandi linee, un orientamento riguardo il tipo di lavoro ed i tempi necessari.

Diritti del paziente/ Attività in virtù di un mandato

Quando si fa ricorso ad un servizio psicologico, che si tratti di consulenza o di una terapia, si è in presenza, dal punto di vista legale, di un mandato. Lo psicologo specialista s’impegna a svolgere con cura il compito affidatogli, mentre il cliente (paziente) s’impegna a pagare il servizio che gli è stato fornito. Questo mandato può essere sciolto da entrambe le parti. Il paziente può decidere quando interrompere la consulenza o la terapia. In ogni caso si raccomanda di chiarire durante il primo colloquio quanto potrebbe durare il trattamento e discutere insieme i motivi che inducono una persona a voler concludere il mandato. Prima di conferire il mandato è opportuno riflettere sulle condizioni quadro e porsi le seguenti domande:

  • Cosa mi aspetto dalla consulenza/terapia?
  • Preferisco una psicologa o uno psicologo?
  • Desidero parlare da solo o in gruppo con lo psicologo?
  • Quanto tempo e denaro sono disposto a investire?

Il primo colloquio

Il primo colloquio, soprattutto nella terapia, serve a conoscersi reciprocamente: voi esponete allo psicologo la problematica e le vostre aspettative, lo psicologo si presenta e illustra le proprie competenze professionali, la formazione che ha seguito e il metodo di lavoro. Se lo psicologo non vi fornisce queste informazioni non esitate a chiederle.

Durante il primo colloquio lo psicologo dovrebbe fornirvi anche le seguenti informazioni: costi, durata delle sedute, frequenza, onorario, modalità di pagamento. Al termine del colloquio, lo psicologo dovrebbe anche essere in grado di indicarvi la durata indicativa della terapia. Può succedere ovviamente che nel corso del trattamento lo psicologo debba rivedere la propria valutazione.

Può succedere che, alla fine del primo colloquio, lo specialista vi dica di non essere la persona adatta per risolvere il vostro problema. Ciò non va inteso come un rifiuto, ma come segno di competenza professionale, in quanto non tutti gli psicologi sono adatti a curare ogni tipo di problema.

Durante e dopo il colloquio dovete chiedervi se vi sentite a vostro agio, se vi fidate dello specialista e se avete l’impressione che vi possa aiutare: questi sono infatti fattori importanti per il successo del trattamento. Non abbiate paura di comunicare allo specialista (alla fine del colloquio o più tardi, per telefono) che preferite rivolgervi ad un altro specialista. È bene sapere, però, che il primo colloquio è a pagamento.

Segreto professionale/ informazioni confidenziali

Tutto ciò che raccontate durante la consulenza psicologica o la terapia è confidenziale; gli psicologi sono vincolati dal segreto professionale e i dati che raccolgono sottostanno alla legge sulla protezione dei dati personali. Gli psicologi possono rivelare delle informazioni soltanto con il vostro consenso e non hanno nemmeno il diritto di rivelare che vi stanno seguendo. La legge prevede l’obbligo da parte degli psicologi di rivelare delle informazioni solo in pochissimi casi; prima, però, devono informare il diretto interessato.

Difficoltà

Una terapia o una consulenza mirano generalmente ad ottenere un cambiamento. È normale – anzi, fa persino parte di questo processo – che durante il trattamento si provino delle sensazioni negative. Non esitate a parlare di queste sensazioni con il vostro psicologo. Se però la sensazione di forte disagio dovesse prolungarsi, se non aveste fiducia nello specialista che vi segue o vi sentiste incompresi, cercate di parlarne ad una terza persona che abbia le necessarie competenze. In rari casi può succedere che uno psicologo contravvenga ai principi etici del codice deontologico . Questo codice definisce tra l’altro quali sono le responsabilità che gli psicologi devono assumersi, come garantiscono la loro competenza professionale, come devono trattare le informazioni confidenziali e come devono impostare il loro rapporto professionale con i pazienti. Eventuali violazioni al codice deontologico vanno segnalate alla Commissione per il codice deontologico, che è incaricata di esaminare il caso e se necessario di disporre sanzioni e provvedimenti disciplinari. I reclami devono essere presentati per iscritto alla Commissione. Oltre ad indicare i propri dati personali, i clienti devono descrivere la violazione osservata.

CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI ITALIANI

Testo approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine (1997)

Capo I – Principi generali

Articolo 1
Le regole del presente Codice deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi.
Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza, e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.

Articolo 2
L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

Articolo 3
Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.
In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.
Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.
Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

Articolo 4
Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.
Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.
Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.
In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

Articolo 5
Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione.
Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

Articolo 6
Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine.
Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava.
Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

Articolo 7
Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.

Articolo 8
Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza.
Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

Articolo 9
Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.
Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta.
Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.

Articolo 10
Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

Articolo 11
Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

Articolo 12
Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale.
Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

Articolo 13
Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto.
Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

Articolo 14
Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento.
È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

Articolo 15
Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

Articolo 16
Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.

Articolo 17
La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.
Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche.
Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale.
Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

Articolo 18
In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

Articolo 19
Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

Articolo 20
Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

Articolo 21
Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche.
È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.

Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza

Articolo 22
Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi.

Articolo 23
Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale.
In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale; in tutti gli ambiti lo psicologo è tenuto al rispetto delle tariffe ordinistiche, minime e massime.

Articolo 24
Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza.
Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato.
Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.

Articolo 25
Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone.
Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio.
Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.

Articolo 26
Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte.
Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.

Articolo 27
Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.
Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

Articolo 28
Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione.
Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.
Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito.
Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

Articolo 29
Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.

Articolo 30
Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.

Articolo 31
Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.
Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale.
Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.

Articolo 32
Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.

Capo III – Rapporti con i colleghi

Articolo 33
I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza.
Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.

Articolo 34
Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.

Articolo 35
Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.

Articolo 36
Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale.
Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.

Articolo 37
Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze.
Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.

Articolo 38
Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.

Capo IV – Rapporti con la società

Articolo 39
Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

Articolo 40
Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, la pubblicità e l’informazione concernenti l’attività professionale devono essere ispirate a criteri di decoro professionale, di serietà scientifica e di tutela dell’immagine della professione.

Capo V – Norme di attuazione

Articolo 41
È istituito presso la Commissione Deontologia dell’Ordine degli psicologi l’ Osservatorio permanente sul Codice Deontologico , regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Articolo 42
Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.