Quando l’abitudine è più forte del desiderio, si preferisce la certezza del dolore all’incertezza del cambiamento. (Andrea Devis)
La questione amorosa si pone come materia in cui i dubbi risultano sempre più significativi delle certezze. Credo tuttavia che il segreto per risolvere in parte questo spigoloso arcano stia tutto nel senso che Eric Fromm esprimeva al pari di un geniale gioco di parole, che pongo qui in chiave di duplice domanda: “ho bisogno di te perché ti amo?” oppure “ti amo perché ho bisogno di te?” Nella vita quotidiana – e a volte anche nelle stanze d’analisi – troppo poco spesso si riflette su questa basilare differenza, che è di sostanza e non di forma.
Gli elementi psichici differenziali tra l’“amare” e l’“essere dipendenti” si trovano nella complessità della scelta, più o meno inconscia, tra le due opportunità presentate da Fromm, che sfumano solo apparentemente l’una nell’altra. Su un piano psicodinamico e clinico, una valutazione più profonda di questa dimensione intra e inter psichica sottolinea come e quanto sia importante non sottovalutare mai il potere della dipendenza affettiva che, sovente in modo patologico, nel tempo tende a solidificare le relazioni di coppia sulla base di un ideale d’amore falso, alimentato da senso di colpa, paura del cambiamento o del fallimento, collusione e confusione emozionale reciproca, fondamenti che mai consentiranno una vera crescita psicologica ed esistenziale.
Insomma, il contrario di quanto scriveva in modo sublime Nazim Hikmet:
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.