La nascita di un figlio include un periodo molto delicato per le donne. Esso è costituito da varie trasformazioni e riorganizzazioni dell’identità materna a causa della perdita legata al termine della gravidanza e alla nuova acquisizione dovuta alla nascita del figlio. In questa fase particolare le donne devono compiere una netta distinzione tra le loro fantasie e fantasmi inconsci; tra la realtà oggettiva rispetto alla nascita del bambino e l’ambiente di cui è circondata. Lo studioso Soifer (1971) sostiene che la madre entra in questo periodo in un certo processo regressivo che la riporta in contatto con le emozioni della propria infanzia passata. Secondo Deutsch (1945) questo processo non termina mai del tutto, costruendo così un cordone ombelicale psichico tra madre e figlio. Si deve anche aggiungere che questo cambiamento psichico della donna influenza sia la relazione con il bambino che i rapporti con il proprio partner e i suoi familiari. Inoltre sono stati individuati da Pazzaglia (1981) tre aspetti fondamentali dello stato psicologico della madre che sono: la perdita: il parto vissuto come una perdita di una parte del proprio corpo e con la conseguente sensazione di intrusione all’interno di sé; la disillusione: si riconoscono delle differenze tra il bambino immaginario e quello reale; e infine la regressione in simbiosi: entrare con il neonato in una relazione simbiotica con una certe componente di fusione, ciò accade grazie alla regressione della madre. Una completa integrazione ed elaborazione di questi tre aspetti e il riconoscimento di tutti i cambiamenti, come per esempio la nascita del bambino, il nuovo ruolo materno, le rappresentazioni di se stessi e del figlio e l’attivazione di accudimento materno, realizzano un superamento positivo di questa fase delicata. Se questo processo non viene elaborato può scaturire un quadro psicopatologico tra cui il maternity blues, depressione post partum e psicosi puerperale.
L’orientamento psicodinamico sostiene che la gravidanza è una fase in cui si riattivano i conflitti e i vissuti dell’infanzia basandosi sulle modalità in cui sono state vissute le esperienze pre-edipiche di simbiosi con la madre e il successivo evento edipico, fondando così il nuovo ruolo da madre. Deducendo da ciò l’importanza della relazione e dell’identificazione con la propria madre e di possedere una buona immagine materna. Nel caso che la donna ha sperimentato una buona relazione infantile, essa può vivere l’esperienza della maternità in un modo adeguato. Se la donne invece non ha subito una relazione positiva con la madre, rientrano nella sua memoria esperienze dolorose e si riattivano desideri infantili di fusione con la propria madre, ciò potrebbe mettere a rischio l’acquisizione del ruolo materno e l’insorgenza del disturbo depressivo. Freud (1915) parlò per primo della fase edipica, in cui la bambina prova il desiderio di avere un proprio figlio dal padre e poi nel 1922 iniziò a diffondere la fase pre-edipica da cui origina il desiderio di ricevere un bambino.
Deutsch (1945) evidenzia il collegamento tra il fattore psicologico del desiderio di avere un figlio e quello biologico che costituiscono la base della femminilità. Perciò la maternità soddisfa il desiderio profondo che normalmente ha ogni donna. Levinson (1978) sottolinea che il diventare madre rappresenta una tappa fondamentale nel ciclo della vita della donna che stabilisce lo sviluppo della personalità matura. Prima della nascita del bambino, la madre deve riorganizzare il sé interiore e creare uno spazio adatto per il bambino e per il suo nuovo ruolo da genitore di cui fa parte la capacità di prendersi cura, di proteggere e entrare in relazione con il bambino (Minuchin, 1976). Lo spazio è inteso sia quello fisico come per esempio l’allestimento della camera, e quello psichico in cui si crea uno spazio adeguato che contiene l’idea del figlio. Questo lavoro psichico solitamente giunge un certo equilibrio mentale per una nuova identità femminile. Nel caso di un blocco di questo equilibrio si può sviluppare un disturbo depressivo.
Lalli (1977) fa un collegamento tra la perdita della propria identità di donna prima della gravidanza e la successiva elaborazione con il concetto di lutto. Se questo lutto non viene elaborato adeguatamente avviene una certa resistenza al cambiamento poiché queste perdite di sé precedenti sono sentite come una minaccia di perdita dell’identità.
Riassumendo i cambiamenti che deve affrontare una donna dopo la nascita di un figlio sono:
- il processo di riorganizzazione globale della personalità, che implica una revisione dei legami significativi del passato, il ruolo del bambino e di sé stessi costruendo così una struttura stabile del sentimento d’identità;
- un certo livello di confusione per il motivo che la donna oscilla continuamente in un triangolo che è composto dall’immagine di sé, dall’immagine della figura materna e dall’immagine del neonato;
- la riattivazione delle esperienze precedenti in cui si attua nuovamente il conflitto edipico e pre-edipico della donna. Winnicott in questo caso aggiunge il fenomeno della preoccupazione materna primaria intendendo con ciò lo stato psicologico della donna che è partecipante alle fantasie e esperienze del figlio in cui essa si occupa completamente a soddisfare i bisogni del neonato. Ciò si attiva biologicamente e ha una funzione adattiva che ha la durata dagli ultimi tre mesi di gravidanza fino ai primi tre mesi di vita del bambino.
Stern collega alla nascita del figlio anche la nascita psicologica della madre in cui la madre crea uno spazio appositamente per il neonato con una nuova identità materna. Essa si predispone in un assetto materno dove possono essere vissute delle esperienze intense e profonde ciò però non sempre coincide puntualmente con la nascita, ma è piuttosto un processo graduale (Ammaniti, 1992). Stern definisce questo nuovo assetto mentale la costellazione materna dove si attivano le capacità di sintonizzazione emotiva e di rispecchiamento emotivo con il figlio e tra l’altro anche la ridefinizione dei propri valori e interessi. Questa costellazione perdura per tutta vita, cambiando nel tempo la sua posizione centrale. Quando tale assetto rimane rigido e non subisce dei cambiamenti e non potrà dare una visione globale della persona, può portare verso l’esordio di un disturbo depressivo con delle rappresentazioni negative sia di lei stessa che del figlio.
La donna vive il figlio durante la gravidanza non come un “essere a sé” ma di un “essere dentro di sé”. Così la donna intorno al sesto mese inizia ad attuare un dialogo immaginario con il bambino come per esempio accarezzare e calmare il bambino. Inoltre le donne provano piacere di rimanere da sole con il bambino e concentrandosi sulle sensazioni fisiche ed emotive. La madre si identifica con lui che Bion definisce questa condizione reverie materna dove avvengono delle identificazioni proiettive della madre nei confronti del figlio, ciò è fondamentale per lo sviluppo psichico del bambino.
Codon e Dunn (1988) hanno evidenziato che questa capacità di comunicazione e immaginazione non si riscontra in tutte le donne, ovvero tra il 15% e il 25% non sviluppano un legame significativo ed emotivo con il bambino durante la gravidanza.
Lebovici (1983) ha rilevato tre tipi di bambini con cui la madre può entrare in relazione. Il primo è il bambino fantasmatico che si sviluppa dopo l’elaborazione dei conflitti inconsci rispetto allo sviluppo psicosessuale materno. Poi si ritrova il bambino immaginario che prende il posto all’interno della famiglia e presenta ciò che i genitori si aspettano da lui. L’ultimo tipo è il bambino reale che dopo il parto accede nel mondo materno e lo modifica. Soulé (1990) sottolinea la capacità di immaginare della madre si sviluppa gradualmente. All’inizio della gravidanza la madre non ha alcuna rappresentazione del bambino il cosiddetto blanc d’enfant poi con il passare del tempo nell’ ottavo mese di gestazione la donna fantastica sul bambino come un altro da sé. In questo ambito è stato condotto uno studio dove si esplorarono le rappresentazioni materne di tre differenti gruppi, ossia il gruppo a rischio psicosociale, quello a rischio depressivo e l’ultimo quello di controllo. I risultati sostengono che le madri a rischio depressivo sono meno coinvolte emotivamente e mostrano livelli più bassi di investimento affettivo nell’immaginazione del bambino. Esse percepiscono anche meno il bambino e descrivono durante la gravidanza il bambino come chiuso, difficile e scarsamente allegro in confronto con il gruppo di controllo che lo delineano come socievole e vivace. Poi dopo il parto i due gruppi si avvicinano, in specifico le madri a rischio depressivo hanno una rappresentazione del bambino più positiva e quelli di controllo lo vedono con maggior elementi negativi.
Le diverse rappresentazioni materne originano dei corrispondenti stili materni che influenzeranno le differenti modalità di allevamento del bambino (Ammanini et., al., 1995). Il sistema di accudimento è costituito dal’insieme dei comportamenti e azioni delle madri che formano un ambiente dove viene accolto il bambino. Il bambino basandosi sulla relazione madre-figlio sviluppa un comportamento di attaccamento. Secondo Bowlby (1969) questa formazione di comportamento si mantiene nel tempo ed è stabile anche per le rappresentazioni cognitive e del sé, in altre parole esso instaura un modello operativo interno dove vengono programmate delle azioni e dove si evolvono delle aspettative. Il sistema di accudimento si può suddividere in due categoria quello sensibile e insensibile. Il primo la madre ha la capacità di sintonizzarsi con il figlio, capendo così i suoi sentimenti e bisogni. Nel secondo caso non avviene uno scambio delle emozioni tra i due membri e la relazione diventa imprevedibile e incoerente. In questo contesto si possono ritrovare le madri con la depressione post-partum dove lo stato mentale è disorganizzato e inadeguato per il bambino. Un quadro sintomatologico depressivo caratterizzato da sentimenti di autosvalutazione, impotenza, poca volontà e impegno e mancanza di regolazione emotiva, rimanda a uno scarso scambio interattivo con il neonato. La depressione post-partum influenza negativamente le prime interazioni tra madre e figlio, dove le madri sono disimpegnate e irritabili quando il bambino compie i primi tentativi di socializzazione (Goodman e Gotlieb, 1999). Secondo lo studioso Stern (1985) manca l’accordo affettivo tra la madre e il bambino, in cui la madre spesso è solo disponibile fisicamente e carente sul piano emotivo e mentale a causa delle sue preoccupazioni legate alla depressione.
Se prendiamo in considerazione i manuali di classificazione in ambito psicologico, DSM-IV-TR e ICD10, la depressione Post-partum si connota in ambiti diversi.
Il DSM-IV-TR riscontra il suo esordio nelle prime quattro settimane dopo la nascita del bambino e li posiziona tra i disturbi e le alterazioni dell’umore, in quanto stando alla classificazione secondo manifestazioni comportamentali e sintomatologiche, presentano alcune caratteristiche comuni, anche se data l’importanza e la frequenza gli viene comunque dedicata una sezione.
Una prima distinzione nel categorizzare i disturbi è la suddivisione in disturbi unipolari e bipolari. La differenza è dovuta alla presenza di episodi maniacali emersi dall’anamnesi nei disturbi bipolari. Per disturbo maniacale si intende un umore elevato eccessivamente per almeno una settimana, accompagnato da sentimenti di grandiosità, maggiore loquacità e iperattività nei diversi contesti sociali.
Nei disturbi unipolari rientrano:
- Il Disturbo Depressivo Maggiore, che riscontra la sua principale caratteristica nella ripetuta manifestazione di abbassamenti del tono dell’umore, in un breve periodo composto da due settimane. Essa è caratterizzata da una perdita di interessi, vitalità e disagio sociale, a volte associato tentativi di suicidio.
- Il Disturbo Distimico, è invece caratterizzato dalla cronicità del tono di umore basso, per un periodo più lungo rispetto a quello precedente, infatti prevede un periodo di 2 anni. Solitamente questo disturbo è associato ad altri sintomi come insonnia/iperinsonnia, bassa autostima, poca concentrazione, indecisione e disperazione.
- Il Disturbo Depressivo NAS, comprende tutte le alterazioni dell’umore che non corrispondono alla sintomatologia delle due classificazioni descritte precedentemente.
Invece i disturbi bipolari comprendono:
- Il Disturbo bipolare I, che è caratterizzato da presenze di episodi maniacali con sintomi del Disturbo Depressivo Maggiore, da cui acquisisce come comportamento la messa in atto a volte di tentativi di suicidio. Questo disturbo può presentarsi successivamente al parto, in quanto si potrebbero manifestare episodi violenti, presenti tra i sintomi di questo profilo, intesi come trascuratezza o violenza fisica verso sé stessi o nei confronti del bambino.
- Il Disturbo Bipolare II, richiama tutti i sintomi del Disturbo Bipolare I, anche se a differenza il tempo di manifestazione dell’episodio maniacale ha una durata maggiore (almeno 4 giorni);
- Il Disturbo Ciclotimico comprende un’alterazione cronica, in cui si alternano periodi depressivi a periodi maniacali;
- Infine il disturbo bipolare NAS, che comprende tutti i disturbi che non rientrano nelle classificazioni precedenti ad es. quando è presente un cambiamento molto rapido tra episodi maniacali e depressivi;
La Depressione Post-partum si accosta al Disturbo Depressivo Maggiore e il Disturbo Bipolare I e II, in quanto presenta variazioni dello stato di umore, eccessiva preoccupazione verso il bambino appena nato, con presenza del pericolo di violenza su di lui, dovuti all’ansia di rimanere sola con il bambino o al disinteresse che provano. Inoltre come per il Disturbi Bipolare I e II, quasi il 50% dei soggetti che hanno già vissuto un episodio depressivo, ha maggiore possibilità che gli si ripresenti.
Nell’altro manuale di diagnosi, l’ICD10, la Depressione Post-partum viene situata insieme alle sindromi affettive, in cui il soggetto può subire cali d’umore o esaltazioni eccessive.
Le sindromi affettive si suddividono in:
- Episodio maniacale, intese come sindromi pure;
- Sindrome affettiva bipolare, caratterizzata da almeno due episodi in cui il comportamento del soggetto risente di un attivo umore e riduzione dell’energia o al contrario un eccesso di entrambe le dimensioni;
- Episodio depressivo, è una sindrome affettiva che si manifesta con gli specifici sintomi della depressione. Nel periodo dopo il parto la madre potrebbe andare incontro a un’eccessiva ansia e agitazione motoria. Questi due elementi in particolare permettono di accorgersi che il soggetto sta affrontando un periodo particolarmente soggetto ad abbassamenti dell’umore.
La depressione dopo un evento delicato come il passaggio tra l’essere donna che porta in grembo un bambino e l’essere mamma a tutti gli effetti, è molto frequente, infatti l’incidenza sulla popolazione femminile è tra il 3%e il 70%.
Dal punto di vista clinico, si manifesta in tre diverse forme: Depressione Post-partum, Psicosi Puerperale e Maternity blues. Quest’ultima si differenzia dalle altre per il suo carattere temporaneo.
La Depressione Post-partum si caratterizza per la percezione di senso di inadeguatezza e incapacità di assumere il nuovo ruolo. A questo si associa la perdita di appetito, disturbi del sonno e della sfera sessuale e inoltre si possono presentare anche pensieri di suicidio o infanticidio.
Questo fenomeno trova spiegazione in diversi ambiti. Dal punto di vista biomedico, questa disfunzione, se cosi possiamo chiamarla, è dovuta ad alterazioni a livello ormonale. Sono responsabili del cambiamento: l’estradiolo, il cortisolo, il progesterone e la prolattina. Questi attraverso i meccanismi neurotrasmettitoriali giungono alla corteccia cerebrale intervenendo su di essa e provocando i sintomi depressivi.
Dal punto di vista psicoanalitico invece si trovano spiegazioni sulle esperienze passate dalla donna nell’età dell’infanzia.
Si pensa che la donna che presenta sintomi depressivi, siano dovuti a conflitti con la famiglia di origine o con aspettative createsi e successivamente non soddisfatte.
Raphael Leff stila in particolare due profili di donne: la donna regulator, che crede che il neonato si debba sintonizzare con i suoi ritmi. Questa tipologia di donna entra in crisi perché ha difficoltà ad intraprendere il nuovo ruolo di genitore senza sentirsi sommersa e dipendente dai bisogni del figlio; l’altra è la donna facilitator, che si manifesta quando percepisce di aver tradito le sue aspettative di “madre perfetta” e del suo rapporto con il figlio.
Nasce negli ultimi mesi di gravidanza e i primi mesi dopo la nascita, l’esigenza di ritirarsi in sé, come annuncia il pensiero di Winnicott, di preoccuparsi e farsi assorbire dalle necessità del bambino, in modo da ricoprire il ruolo di “madre sufficientemente buona” .
Il secondo quadro clinico presenta la Psicosi Puerperale. Essa è il fenomeno in cui il soggetto oltre a presentare sintomi depressivi riporta altre patologie e quindi affrontano molte più difficoltà.
Ad esempio una donna con personalità di tipo bordeline, riesce a costruire un legame con il feto solo a livello corporeo, ma sotto altri aspetti si crea una frattura tra madre e bambino in quanto la donna non riesce a creare una nuova idea di persona e del nuovo ruolo che ricoprirà, in quanto è soggetta a sentimenti di vittimismo e schiavitù nei confronti del bambino.
In generale una donna con questo quadro clinico ha difficoltà a sentire le emozioni, non si cura e molto spesso soffre di allucinazioni e paura di essere uccisa.
In questa fase diviene pericoloso l’istinto che potrebbe venire alla madre di commettere un infanticidio, perché pensa che anche lui soffre e quindi per liberarlo dal dolore e dalla sofferenza decide di ucciderlo.
Una manifestazione di queste donne è che per superare la loro incapacità di madre e alleviare la loro angoscia, si danno a pratiche di gioco d’azzardo o altre azioni poco raccomandate come la tossicodipendenza.
Infine la Maternity blues, è un quadro clinico che prevede la presenza di sette sintomi:crisi di pianto, ansia, stanchezza, eccessiva sensibilità, tristezza, alterazioni dell’umore e confusione mentale. Questi emergono intorno al quinto giorno successivo al parto e dura poche ore o al massimo qualche giorno scomparendo spontaneamente.
La donna in questa situazione si trova in difficoltà a sopportare la nuova condizione di madre a cui non si sente preparata e quindi sente la paura di non riuscire ad aiutare e supportare i bisogni del neonato.
La Depressione Post-partum è un disturbo di cui è soggetto quasi il 70% della popolazione femminile, con una buona prevalenza di inquadramento clinico Maternity blues (l’80%delle donne che presentano sintomi depressivi), una bassa percentuale, circa il 15%, soffre di Depressione Post-partum e una piccolissima parte, il 2%, di psicosi puerperale.
Il momento che intercorre tra le ultime settimane di gravidanza e le prime della nascita del neonato è molto delicato.
In questa fase intercorrono molte dinamiche particolari, in cui la donna deve rapportarsi al cambiamento del suo corpo e delle aspettative create sul bambino, ma non è da sottostimare l’importanza che assume la percezione della madre sul cambiamento del suo stato, dalla vita condotta da donna sola, dovrà affrontare la genitorialità.
Quando la donna entra in contatto in gravidanza con il bambino inizia una successione di sentimenti, di condivisione in cui si crea una simbiosi tra madre e figlio, ma come espresso da Deutsch nella teoria del “cordone ombelicale”, bisogna tenere in considerazione anche i mutamenti che avvengono nei rapporti con le altre persone, ad esempio con il partner. Infatti la donna instaura un rapporto molto stretto fin dal periodo di gestazione, questo comporta un allontanamento dagli altri per una completa dedizione al neonato richiamando l’immagine di identificazione proiettiva di Bion con cui la mamma cerca di impegnarsi a soddisfare tutte le esigenze del bambino.
Infine da studi scientifici è emerso che la sindrome depressiva è influenzata da due fattori i particolare:
- Molte donne che manifestano sintomi depressivi dopo la nascita del primo figlio hanno già presentato in passato, molto spesso in adolescenza, disturbi ansiosi e depressivi. Infatti da studi longitudinali è emersa un’alta incidenza tra Depressione infantile e Depressione Post-partum;
- L’altro fattore importante è costituito dai fattori di rischio (come patologie associate) e di protezione presenti nei vari contesti che il soggetto vive.