Introduzione al Social Dreaming

Sogno-causato-dal-volo-di-unape-intorno-a-una-melagrana-un-attimo-prima-del-risveglio-di-Salvador-Dalí

 

L’atto del sognare ha una duplice funzione: la prima, individuale, che ha lo scopo di trasformare la persona nella sua profonda individualità e la seconda, la funzione sociale, che ha lo scopo di espandere la conoscenza della società e della comunità in cui le persone vivono.
Il sogno, dunque, in quanto incontro transitorio tra il sognatore e i suoi desideri rimossi, le sue paure, speranze, inibizioni e conflitti (S. Rustomjee), offre un terreno fertile per l’esplorazione non solo dell’inconscio del sognatore e del suo mondo interno, come insegna la psicoanalisi classica, ma anche del setting nel “hic et nunc” in cui viene narrato; diventa quindi un veicolo per comunicare l’impatto delle dinamiche di gruppo e del contesto sociale piu ampio del sognatore (W.N. Stone).
Il modo in cui il gruppo, ed assieme ad esso il conduttore, è in grado di riconoscere, sostenere, contenere e rispondere alle emozioni espresse nel sogno, legate al transfert del sognatore nei confronti del gruppo, rappresenta un nodo fondamentale nella discussione del sogno nell’ambito del gruppo stesso.
La condivisione dei sogni e delle rappresentazioni oniriche diventa un’occasione di analisi e di intervento nei gruppi; l’analisi dei sogni risulta particolarmente utile a vari livelli: dei conflitti individuali e familiari, delle relazioni oggettuali, dei movimenti transferali e controtransferali, fino ad un livello più profondo in cui, dallo sfondo collettivo del gruppo, si stagliano immagini collettive. 
Il Social Dreaming, metodo utile ad evidenziare proprio queste immagini collettive, sottolinea la dimensione sociale del sogno e i suoi potenziali significati sociali.

Che cos è il Social Dreaming?
Il Social Dreaming (SD) è una tecnica di lavoro di gruppo che valorizza “il contributo che i sogni possono offrire alla comprensione non del mondo interno dei sognatori, ma della realtà sociale ed istituzionale in cui vivono” (Neri, 2001).
Tale tecnica è stata ideata all’inizio degli anni ’80 da W. Gordon Lawrence presso il Tavistock Institute of Human Relations di Londra.
Lawrence, partendo dal presupposto che i sogni contengono informazioni fondamentali sulla situazione nella quale le persone sono nel momento in cui sognano, ipotizzò che fosse possibile considerare il sogno come una manifestazione del contesto in cui viviamo e un mezzo attraverso il quale esplorare il mondo sociale condiviso.
Il Social Dreaming, all’ interno di un gruppo, di un’organizzazione, consente di riconoscere le proprie risorse cognitive, immaginifiche, informative e creative, non come private e proprietarie, ma come risorsa sociale; l’attenzione dunque viene spostata dal sognatore al sogno, veicolo di conoscenza dell’ambiente in cui si muovono i sognatori.

Setting
Lawrence definisce le sedute di Social Dreaming “matrici”, ovvero, secondo la definizione dell’autore, “il luogo da cui nasce qualcosa” (Lawrence, 2001).
Le matrici del Social Dreaming, hanno una durata di circa un’ora e mezzo e ciascuna fa parte di un ciclo che può essere più o meno lungo.
I sogni si collegano tra loro, rispondendo ai sogni portati nelle sedute precedenti, come se con il procedere delle matrici si creasse un “contenitore attivo” che tende a modificare il “contenuto”, lasciando emergere nuovi sogni e pensieri e trasferendo i precedenti.
Viene adottato un piano di lavoro “compatto” che prevede da tre a cinque matrici intervallate da una o due notti durante le quali compaiono nuovi sogni legati al gruppo e alla situazione che i partecipanti stanno vivendo. Sono stati adottati anche piani di lavoro diversi, meno compatti, che prevedono una sola seduta settimanale, per un periodo che va da quattro a sei mesi, oppure uno schema di incontri settimanali e quindecinali, senza una conclusione stabilita a priori (ongoing).
Le sedute possono essere condotte da un unico conduttore (Host) o da un piccolo staff; la decisione dipende dalle preferenze del conduttore e dal numero delle persone che compongono il gruppo: è preferibile che il gruppo non superi i trenta o trentacinque partecipanti e comunque, con gruppi numerosi è auspicabile che vi sia uno staff di due o tre conduttori.
Per evitare che ogni partecipante sia guardato o guardi negli occhi gli altri e al fine di garantire privacy ed anonimato, il conduttore e i partecipanti non siedono in cerchio ma sono seduti sparsi nella stanza o seguono una linea a spirale in cui lo spazio tra le persone è lasciato vuoto, oppure sono disposti a “fiocco di neve” (le sedie sono disposte lungo linee che guardano verso il centro).
Il lavoro nelle sedute può cominciare in diversi modi: direttamente, con la narrazione di un sogno; con un intervento spontaneo di un partecipante o con una domanda diretta al conduttore o al gruppo.
Potrebbe essere necessario un discorso introduttivo in cui il conduttore comunica le informazioni di base e fornisce indicazioni limitate e sintetiche e spiega ai partecipanti che sono invitati a condividere i loro sogni, a fare associazioni in modo più libero possibile e ad esplorare il significato sociale dei sogni.
Fra le istruzioni che vengono date all’inizio una particolarmente importante riguarda le associazioni ai sogni: il conduttore può sottolineare che, almeno inizialmente, sarebbe meglio che i partecipanti non offrissero associazioni rispetto ai propri sogni, ma che associassero piuttosto sui sogni raccontati dalle altre persone presenti. Un sogno può essere raccontato come associazione al sogno di un altro partecipante. Questa è un’istruzione particolarmente rilevante perchè fornisce implicitamente il suggerimento che i sogni non devono essere considerati come una proprietà privata del sognatore, ma piuttosto qualcosa che è offerto perchè sia condiviso nel gruppo. (Hahn, 1998)
Altre regole che dovrebbero facilitare il buon andamento della discussione sono: permettere ai singoli partecipanti di parlare per non più di dieci minuti in modo da consentire a tutti di intervenire, evitare di rispondere a domande che sono poste direttamente ed evitare di ingaggiarsi in una discussione con un’unica persona o con poche persone.
Un secondo aspetto del lavoro, che implica il contributo di tutti i partecipanti, consiste nel:
• collegare tra loro le immagini, i sogni e le fantasie;
• evidenziare la sequenza dei sogni che sono stati raccontati;
• mettere in luce come sogni differenti possano avere punti in comune;
• riconoscere che un sogno raccontato da un partecipante potrebbe essere stato sognato da un’altra tra le persone presenti;
• capire se i sogni e le associazioni forniscono elementi utili per comprendere alcuni aspetti dell’ambiente sociale e/o dell’organizzazione a cui appartengono i partecipanti;
• mettere in risalto gli elementi sociali dei sogni (Neri 2001).
Attraverso questo lavoro ogni sogno rivela di avere non uno, ma molteplici significati intercorrelati fra loro.
Una persona offre un sogno, seguono un altro e un altro ancora che aggiungono le proprie associazioni: sogni, immagini, fantasie, pensieri; in questo modo il sogno si amplifica, il significato si estende e c’è una continua espansione di conoscenza; a poco a poco prende forma una rappresentazione della realtà sociale che è molto particolare e diversa da quella che potrebbe essere elaborata utilizzando i dati forniti dai membri del gruppo in un diverso setting.
L’ interpretazione dei contenuti viene evitata perché arresterebbe il fluire dell’associazione libera e dell’elaborazione, è piuttosto stimolata l’identificazione di alcuni pattern.
Il conduttore non interpreta i sogni ma aiuta il fluire delle associazioni, l’emergere del “conosciuto non pensato”; collega tra loro immagini, fantasie e sogni ed aiuta a riconoscere il loro significato sociale; facilita la generazione di un sogno collettivo che il gruppo potrà condividere e utilizzare in modo creativo; fa si che le regole del setting siano rispettate pur lasciando ai partecipanti il compito di associare, trovare significati e identificare allegorie e simboli; interviene per facilitare il lavoro ma i suoi interventi sono sempre indirizzati ad aiutare il riconoscimento del significato sociale dei sogni e delle associazioni.
Secondo Lawrence, sia il conduttore sia il gruppo devono, infine, accettare di lavorare con la propria “capacità negativa”, devono cioè imparare a “tollerare la frustrazione grazie alla fede nel fatto che il significato possa, alla fine, essere trovato” (Bion, 1970) , nonostante le incertezze, il mistero, i dubbi che aleggiano nel gruppo e senza rifugiarsi in spiegazioni premature.

La “Matrice”, spazio per l’esplorazione dei sogni
Lawrence sviluppa un approccio al gruppo centrato sul concetto di “relazionalità” (relatedness), riferendosi con questo termine ai modi in cui l’esperienza e il comportamento di un individuo riflettono e sono ordinati da costrutti consci e inconsci del gruppo o dell’organizzazione che sono presenti nella sua mente.
Nel 1982 vengono realizzate le prime sedute, chiamate “Matrici di Social Dreaming”. Lawrence utilizza il termine “matrici” per indicare sia la seduta, nella quale i partecipanti forniscono sogni e associazioni, sia “un posto dal quale nasce qualcosa”, sia in riferimento al gruppo stesso, che richiama alla mente l’idea di un numero di persone riunite in una stanza.
L’autore vuole porre l’attenzione su ciò che “sta” tra le persone e che è alimentato dalla loro presenza e che stimola sogni, fantasie e pensieri.
La parola “matrice” deriva da Foulkes (1964), il quale afferma che il gruppo è un organismo vivente, con propri umori, reazioni, affetti; la matrice viene definita da Foulkes come qualcosa che è comune a tutti i membri di un gruppo e che riguarda tre dimensioni: trans-personali, inter-personali e sovra-personali.
Alla matrice fanno riferimento tutte le comunicazioni verbali e non verbali che avvengono nel gruppo e da essa dipendono il significato e l’importanza di ciò che accade.
Lawrence fornisce una visione differente della matrice rispetto a Foulkes: egli considera la matrice come “biosfera”, “organo germinativo”, utero, contenitore in cui qualcosa può nutrirsi e svilupparsi e dal quale può nascere.
La matrice, contenitore del sogno, è nello stesso tempo sia una forma sia un processo. Come forma è rappresentata da un collettivo di persone che insieme creano un contenitore per pensare ai sogni, ai loro contenuti, e ai possibili significati. Come processo, la matrice è il sistema, la rete di pensieri, emozioni, connessioni presenti in ogni relazione ma non sempre riconosciuta né presa in considerazione.

Lavoro durante le matrici
I sogni vengono sviluppati ed elaborati attraverso due tecniche fondamentali, le libere associazioni (contributo di Freud) e l’amplificazione emotiva e tematica dei contenuti (contributo di Jung). Lo scopo dell’incontro è di “fare associazioni, il più liberamente possibile, ai sogni resi disponibili alla matrice, in modo da stabilire legami e trovare connessioni alle quali non si era mai pensato fino a quel momento”.
Le libere associazioni sono stimolate non solo da una linea di pensieri o da ciò che viene detto dagli altri membri del gruppo, ma anche dall’atmosfera emotiva e da ciò che viene avvertito in seduta come presente (Gaburri, 2002). Immagini, pensieri, sogni, fantasie, vengono collegati tra loro, attraverso il contributo di tutti i partecipanti: sogni diversi possono avere molti punti in comune.
Nelle matrici di Social Dreaming si produce un’atmosfera onirica nella quale “i sogni vengono sognati una seconda volta” (Neri, 2001), si creano e si perdono le possibilità di identificazione, si creano e si perdono i confini tra io-noi tanto che a volte i partecipanti, ascoltando i sogni altrui, credono di averli sognati loro stessi.
I sogni condivisi, non costituiscono una traccia del vissuto privato del parlante, ma un innesco associativo messo a disposizione del gruppo, per tirar fuori i fantasmi, le fantasie, i vissuti conosciuti ma non pensati, che derivano e si connettono alla realtà esperenziale condivisa con gli altri a livello sociale.
Nelle matrici di SD si cercano gli elementi sociali che emergono nei sogni ed è per questo che i partecipanti non devono interpretare i contenuti ma devono associare, trovare significati, allegorie, simboli: l’interpretazione dei sogni non solo sarebbe controproducente ma intensificherebbe anche il “senso di costrizione” dei partecipanti, in una situazione che di suo è potente e intrusiva.
Il conduttore, dal canto suo, non deve interpretare ma deve “condividere un sogno”, deve accompagnare l’altro o gli altri quando sognano i loro sogni, proteggendoli dalle intrusioni, dai giudizi, dalle minacce; inoltre, non interviene né sulle dinamiche di gruppo né sull’eventuale formazione di sottogruppi.
In alcune occasioni l’intervento può mirare a sviluppare un collegamento tra alcuni elementi del sogno e l’insieme del discorso sviluppato in quella seduta o in una serie di sedute. Queste sono associazioni orientate, corrispondono a fantasie o pensieri che vengono in mente al conduttore come associazioni, ma nello stesso tempo servono a chiarire un legame o un aspetto del funzionamento del gruppo.
In altre parole, il suo ruolo è sia creare uno spazio in cui i sogni si connettino ad altri sogni, sia favorire un sognare “sociale” che tuteli i diritti degli individui favorendo un’interazione fluida e non gerarchica fra i partecipanti.

Social dreaming nelle organizzazioni
Il Social Dreaming è utilizzato in diversi contesti ma è particolarmente indicato nei sistemi che non godono di “buona salute”, cioè di sistemi che fanno del pensiero psicotico gruppale la modalità di esistere e di interagire.
Il SD ha in sé una doppia impostazione e una duplice natura: una sistemica e un’altra analitica. Per natura sistemica si intende la caratteristica di base di impostare il lavoro sempre sulla “gestalt”, mai sul singolo individuo separato dal sistema di riferimento; la dimensione analitica, invece, sta a significare che il SD si concentra sul sogno (e sulla sua lettura sociale) e permette di conoscere e di osservare i processi inconsci e di pensiero sottostante l’organizzazione, il suo divenire, gli aspetti trasformativi; il SD non si interessa mai dello studio dell’individuo né tantomeno delle sue personali psicopatologie.
Lawrence impiegò questa tecnica per capire meglio ciò che accade nelle organizzazioni, considerando la vita onirica delle persone che ne fanno parte.
In certe fasi della vita di un’organizzazione le tensioni e i conflitti raggiungono dei picchi; in queste fasi di crisi, una gran quantità di energie è impiegata per trovare risposte, invece sarebbe più proficuo che a svilupparsi fossero le domande.
Per far ciò è necessario avere a disposizione un contenitore adeguato, un sogno, nel quale le domande possano svilupparsi e possano così essere elaborate.
Durante i conflitti, che si possono creare in un’organizzazione, le parti contrapposte, cercano di controllare ognuna i pensieri e i comportamenti dell’altra; il Social Dreaming aiuta a comprendere e non a comprendersi l’uno con l’altro, aiuta a vedere un medesimo sogno (problema, questione) da prospettive diverse, multiple e anche contrapposte.
I benefici che un’organizzazione può ottenere dal Social Dreaming sono:
1. Massimizzare il pensiero laterale e divergente consentendo di affrontare i paradossi
2. Permettere l’integrazione del pensiero inconscio nel tessuto organizzativo
3. Incrementare il pensiero creativo attraverso l’esperienza
4. Raffinare il pensiero utile nell’impresa promuovendo la capacità creativa dell’organizzazione come sistema.

Conclusioni
Il successo del Social Dreaming è confermato dal fatto che, da quando Lawrence ha messo a punto questa tecnica, ci sono stati notevoli sviluppi: non solo vari programmi in diversi paesi del mondo (Israele, Gran Bretagna, America, Australia, Sud Africa, Rwanda, Italia, Francia, Olanda ecc.), ma anche sempre più numerose applicazioni in organizzazioni e gruppi specifici della società.
A mio parere il punto di forza del SD, in quanto metodologia di ricerca-intervento, è l’innovativa visione del “sognare socialmente” che promuove la salute del sistema in modo creativo e nuovo rispetto alla classica psicoterapia di gruppo.
Il SD permette di accedere a quel “conosciuto non pensato” che è presente in ogni organizzazione e che, una volta che viene fatto emergere, è sempre portatore di novità rilevanti, soluzioni creative che facilitano il cambiamento.
Lawrence (1998) definisce questa caratteristica come la capacità di riconoscere un “multiverso” piuttosto che un “universo”. La capacità di utilizzare questo “multiverso” implica un movimento verso la confusione e la minaccia di una disintegrazione a partire dalla quale nuove visioni possono emergere e coesistere all’interno di una struttura coerente.

BIBLIOGRAFIA
Foulkes S.H. (1964). Therapeutic Group Analysis. Karnac Books, London;
Lawrence W.G. (2004). Esperienze nel Social Dreaming. Borla;
Lawrence W.G. (2008). Introduzione al Social Dreaming. Trasformare il pensiero. Borla;
Neri C. (2001). Gruppo. Borla;
Neri C., Pines M., Friedman R., (2005). I sogni nella psicoterapia di gruppo. Borla
SITOGRAFIA
http://www.socialdreaming.com
http://www.funzionegamma.it
http://www.psychomedia.it

Psicologo, Psicoterapeuta

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...